In greco ELEOS non può essere definito in modo esauriente, ma si può tradurre con i termini di misericordia e compassione per rappresentare il sentimento di solidarietà fra le persone - ma anche tra le divinità e le persone -, e per indicare un valore imprescindibile per la dimensione religiosa dell’uomo, perché senza compassione non c’è religione, e per alcuni nemmeno umanità. ELEOS è in sintesi il legame tra il sentimento di compassione e l’azione benefica che esprime la concretezza della misericordia quale banco di prova della nostra intelligenza della vita.
In questa mostra - che diverrà itinerante - l’arte di Alberto Criscione rinnova ed esprime il suo grido di dolore e di denuncia con intensa e profonda umanità, lasciando parlare le figure che animano questo gruppo scultoreo, nelle quali la presenza di bambini, cui tutto viene sottratto, lascia un segno indelebile; è un’accusa diretta contro una distruzione pensata, voluta e organizzata da uomini contro altri uomini, una tragedia espressa in urla, abbracci estremi, mani che coprono volti lacerati o tese fino allo spasimo per aggrapparsi, per tentare di non soccombere, per chiedere aiuto, misericordia, accoglienza, libertà, amore. Le opere di Criscione ci conducono a riflettere sull’atrocità delle sofferenze, dei traumi fisici, psicologici e sociali che intere popolazioni sono costrette a subire a causa dei conflitti che si scatenano nei loro territori, nelle loro città ridotte a cumuli di terra e macerie, spazzate via insieme alla loro vita quotidiana, alla loro identità, alla loro esistenza. Sono sculture che feriscono come fendenti, ma sono queste ferite che ci permettono di penetrare nei recessi del nostro cuore e ci rendono capaci di compassione.
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